lunedì 6 settembre 2010

49a PERCHE'?

Consegniamo l’assassino ai chierici di Ilmater, ponendolo sotto la custodia del nostro amico. Lui ha un grande ascendente sulla popolazione perché opera da molti anni tra i quartieri poveri e si è guadagnato fiducia sul campo: sarà compito suo scagionare Lorcan. Noi dobbiamo recarci alla cena all’enclave, ma è meglio che il bardo ci aspetti qui. Spiacente, stasera dovrai intristirti da solo.
 Veniamo accolti nella solita maniera: arroganza rivestita da falsa cortesia; Chathin tenta qualche battuta sul motivo del ritardo, ma io non raccolgo. La mia mente torna di continuo all’assassino, alle ragazze, al fatto che ho pensato seriamente di ucciderlo a sangue freddo… Non trovo un senso a tutto ciò, questo mi confonde. Il mio stato d’animo mi porta a intervenire di rado, calandomi meglio nella parte della fidanzata decorativa. La signora provoca velatamente: mi vede preoccupata, forse per la mia incolumità? Rispondo che gli ambasciatori hanno già dimostrato di sapermi proteggere, quindi non ho nulla da temere. La donna è piuttosto irritante anche con Lee, in compenso evita accuratamente la minima avance nei confronti di Drev. La cena si trascina in maniera sgradevole, ma senza inconvenienti. Non sembrano essersi accorti della sparizione di alcuni documenti dall’archivio, forse non hanno capito quello che realmente cercavamo. Quando usciamo dall’enclave è notte. Drev si è accorto del mio umore, sarà anche per come mi aggrappo al suo braccio. –“Ehi, che c’è…” Non so, tutta questa storia dell’assassino è stata snervante… Poi lui è sempre via e al monastero appena supera la distanza di sicurezza qualche monaco (soprattutto quelli della Rosa Gialla) ci inchioda con sguardi traboccanti rimprovero per il nostro atteggiamento sconvenientissimo! Lui mi passa un braccio intorno alle spalle: “E allora andiamocene da un’altra parte”. Avvisa Lee, che cammina due passi avanti tutto perso nei suoi pensieri, che noi rientriamo più tardi. Passeggiamo senza meta per le vie semi deserte della periferia senza che nessuno ci infastidisca, è evidente che siamo maghi e capaci di badare a noi stessi. Ci fermiamo presso un basso muretto a secco, intorno sembra tutto immobile. Mi appoggio a lui: “Io non capisco come si possa godere nell’infliggere simili supplizi… non lo capisco! Gli shariti hanno uno scopo, ma così…” –“Nemmeno io lo capisco, Jamila”. –“Gli shariti fanno una scelta consapevole, ragionata; per me è peggio rispetto a questo folle che agisce per “necessità”, perché è pazzo!” Non sto dicendo che sono meno colpevoli, Malik, anzi… Solo che nella loro perversità c’è un perché. –“Credo non ci sia nulla da capire – la voce di Drev è poco più di un sussurro al mio orecchio – è solo un malato di mente”. Mi lascio avvolgere da quello che passa attraverso il suo contatto. Istinto di protezione, dolcezza, come un’impercettibile carezza rassicurante. Non è il solido muro di Yerodin. È qualcosa di meno “roccioso” ma più complesso, che scava in profondità, che tesse un legame sottile… – “Mi spiace che tu debba farti carico di queste cose”. E poi c’è la voglia di sentirsi più vicini, di scoprire un senso di appartenenza reciproca, di stare con me… – “Ormai non abbiamo più niente da fare qui, possiamo tornare ad Halarahh. Senza più psicopatici e monaci bacchettoni. E ti prometto che troveremo il tempo per stare insiem…” La sua frase si spegne sulle mie labbra. Anche un po’ di sano desiderio, lo trovo giusto. Il mio bacio lo lascia col fiato corto. –“Jamila… questo sarebbe sconvenientissimo non solo per la Rosa Gialla…” Sei riuscito a strapparmi una risata, grazie.

2 commenti:

Mr. Mist ha detto...

Bel post, soprattutto dal punto di vista umano, con le giuste domande di una giovane ragazza che si confronta con le cose belle e brutte della vita!

jamila ha detto...

Lo psicopatico ha turbato parecchio J e le visioni delle sue vittime torneranno ancora.
J farà fatica a staccarsene, anche se per sua fortuna non ha provato le loro emozioni.