domenica 29 agosto 2010

48b ESCA

Discutiamo su come sia meglio comportarsi: se andassi con loro alla cena, ci sarebbero buone possibilità che l’assassino non si dilegui al minimo pericolo ma sia disposto a correre dei rischi in più per raggiungere il suo obiettivo, cioè me. Soprattutto se il mio rapimento gli è stato ordinato dalla sua amichetta devota a Shar. Inoltre, mago, saresti al riparo dalle presunte attenzioni di Chathin; lo so che ci hai pensato… L’idea di fare da esca non mi piace, ma a questo punto sembra il piano che ha maggiori probabilità di successo. Lorcan decide di camuffarsi, tingendosi i capelli, mettendosi un fondotinta scuro e cambiando il colore degli occhi. Il lavoro è ben riuscito, voglio vedere chi lo riconoscerà. Ci incamminiamo verso l’enclave, con Lorcan che ci segue nascosto sui tetti. Dopo non molto un mercenario ci sbarra la strada con fare minaccioso. Nel giro di pochi istanti compaiono altri due uomini armati, uno dei quali tenta di colpire Drevlin con una freccia. Il mago si protegge con delle immagini speculari, Lee intima al soldato che ci sta intralciando il passo di togliersi di mezzo se vuole andarsene tutto intero. Il solito dardo soporifero mi colpisce a una spalla. Un formicolio scende lungo il mio braccio, intorpidendolo. E no, bast***o, non avrai vita così facile! Lorcan ci urla che l’assassino sta saltando giù dal tetto di fronte a lui, Drev prontamente lancia dei tentacoli neri per bloccarlo. La mossa riesce: sia il killer che una delle guardie restano imprigionati. Mi stacco il dardo dalla spalla e lancio una cecità, in modo da impedire all’uomo di fuggire, ma lui resiste, come resiste al raggio di vertigine del mago. Lee invece va a segno cercando di stordirlo, mentre Lorcan tiene occupato un mercenario. L’assassino non riesce a liberarsi dai tentacoli, e al secondo tentativo resta anche accecato dal mio incantesimo. Lo vedo dibattersi come le mosche nella tela del ragno, la mia mente è in balia del tormento delle ragazze che ha goduto a torturare. Sto pensando di usare un colpo accurato per ucciderlo conficcandogli un dardo nel collo, quando mi accorgo che una guardia cerca di colpirmi, ma senza successo. Drevlin lancia un incantesimo sull’assassino, che implora pietà. Pietà! Con che coraggio chiedi pietà, TU! Quante di loro ti hanno implorato, con che risultato… Lee lo fa svenire mentre i mercenari si danno alla fuga. Vorrei ucciderlo, lì dov’è, adesso. –“Jamila, fermati! Non fare sciocchezze!” Tu non li hai visti i cadaveri sfigurati delle ragazze? –“Un conto è uccidere qualcuno in combattimento, ma questo è omicidio! Ti pentiresti per il resto della vita” Dentro di me so che Malik ha ragione, è vendetta, ma fatico a controllarmi. –“Tenetemi lontano da lui altrimenti lo ammazzo!” Lee mi guarda di traverso mentre recupera il corpo inerme dell’uomo. Drev borbotta che lui mi lascerebbe fare. Il monaco dichiara che lo porteremo al tempio di Ilmater e lì decideremo la sua sorte. Senza contare che ci serve vivo per scagionare Lorcan da ogni accusa. Vero, però non possiamo affidarlo alla giustizia di Calimport o sarebbe libero di tornare ad agire in men che non si dica.
 Per prendere tempo, Drevlin manda un messaggio magico all’enclave scusandosi se faremo tardi: la sua fidanzata ha impiegato molto più del solito a prepararsi…
 Sì, ma non ho capito perché si debba sempre scaricare la colpa su di me!

giovedì 26 agosto 2010

48a SULLE TRACCE DELL'ASSASSINO

La mattina dopo Drevlin e Malik tornano a consultare i documenti per confondere le acque e Lorcan spedisce Lee a vendere tutto ciò che ha sottratto alle guardie del corpo dell’assassino per raggranellare qualche soldo. Il monaco torna dopo alcune ore tutto soddisfatto.
 Ha diversi pacchettini, ne consegna uno a me e uno al bardo. Nel suo c’è un paio di stivali di cuoio, nel mio un fermaglio per capelli Va be’, con tutti i regali che potevi scegliere… sempre in cuoio… un rosellina in boccio… davvero molto, troppo somigliante a quello! Mi sta prendendo in giro? Di cattivo gusto! Vedendo il suo volto tranquillo, in attesa, realizzo che lui in realtà non ha mai visto il fermaglio di Shar. Però si accorge che sono rimasta male. –“Lee, perdonami, ma mi ricorda terribilmente l’artefatto che ben sai…” Lui si scusa tutto agitato, dice che non si era reso conto e scambia velocemente il pacchettino con uno che ancora tiene in mano. Contiene una cintura, che evidentemente aveva preso per Lara.
 Lei invece quasi si commuove di fronte al fermaglio, nessuno aveva mai avuto un pensiero così gentile nei suoi confronti. Lee le ha comprato anche dei vestiti e parlando col venditore di stoffe ha scoperto notizie interessanti. Mentre sta raccontando arriva Drevlin, che resta interdetto di fronte al fermaglio di Lara. Lei fraintende l’atteggiamento del mago e si prodiga in complimenti a Lee, così premuroso… Il monaco ignora l’occhiata fulminante dell’altro e gli consegna un pacchettino: una copertina per il libro di incantesimi, in cuoio, decorata con draghetti a sbalzo. Saggiamente ha comprato anche una pergamena di teletrasporto, ma era l’ultima rimasta al negozio. Lasciamo Lara ad occuparsi del bimbo e ci ritiriamo in una saletta per discutere di quello che ha scoperto Lee. Sembra che molta della seta arancione sia stata comprata da un ragazzo dell’enclave, il figlio del cuoiaio, che tra l’altro pare essere in “ottimi rapporti” con una chierica di Shar. Lee allora è andato al negozio di pelli e il padrone si è lamentato dei suoi due figli che non vogliono mandare avanti la sua attività. Uno di loro ha un non ben precisato lavoro notturno che gli frutta parecchi soldi: sembra che “trovi cose” per l’elite locale.
 Direi che abbiamo un sospettato e una pista per arrivare a lui. Questo giocare a rimpiattino ci ha veramente stufato, per cui decidiamo di passare di nuovo all’azione questa notte, anche per evitare altre vittime. Ceniamo, Drevlin dorme il tempo necessario a rimemorizzare e poi scruta il nostro uomo, acquattato su un tetto nei pressi del muro di cinta dell’enclave. Protetti con gli incantesimi necessari, si teletrasportano là, mentre io anche questa volta attendo nervosamente il loro ritorno.
 Arrivano dopo qualche ora, di nuovo a mani vuote. Hanno messo in fuga l’assassino con i suoi scagnozzi, Drev è riuscito a ricoprirlo con la polvere luccicante, ma lui con una porta dimensionale è riuscito comunque a dileguarsi e non lo hanno più individuato, nemmeno sorvolando l’enclave. Proviamo a scrutarlo ora: è di nuovo nella stanza dove il mago lo ha visto la prima volta.
 Ce ne andiamo tutti a dormire e riposiamo fino a tarda mattinata. Poi Drev e Lee vanno all’enclave. Io passo il tempo tra i lamenti di Lorcan e le visite a Lara e al piccolo Edein. Anch’io sono nervosa e annoiata, questa situazione è logorante. I cadaveri delle ragazze continuano a tormentare i miei sonni, agitati da una sensazione di pericolo incombente che continua a svegliarmi.
 Quando tornano, gli altri ci dicono che il ragazzo probabilmente era rifugiato al tempio, ma non sono riusciti a stanarlo. In compenso Lee ha avuto una discussione “teologica” molto serrata e avvincente sul dolore con una chierica di Loviatar. Oh mamma, non oso immaginare!
 Avrebbero voluto anche comprare delle pergamene di “porta dimensionale”, ma non ne hanno trovate. Hanno trovato invece un messaggio da parte della Signora dell’enclave: sarebbe dispiaciuta se io non mi presentassi stasera a cena, però questo significherebbe chiaramente che Drev è disponibile per altra compagnia femminile. L’espressione del mago è comica, la donna non è decisamente il suo tipo! Mi sa che ha trovato il modo per farmi uscire allo scoperto. - “Io non sono gelosa Drev, non ti devi preoccupare…” –“Jamila, TI PREGO!”

martedì 24 agosto 2010

LA MALEDIZIONE (Mystara)

Il punto di vista è quello di Oz, il post è di Nik.

Oz passò alcuni anni in compagnia degli elfi, poi assurdamente venne richiamato dalle fate.
Andato all'appuntamento, trovò un assassino che con la magia e la semplice possanza fisica tentò di ucciderlo.
Grazie all'aiuto di una misteriosa entità riuscì a fuggire e si ritrovò in una grotta insieme a due fanciulle.
La grotta era poco profonda, le due tipe abbastanza curiose, ma cosa importante non c'erano fate nei paraggi.

Le fanciulle sembravano intenzionate a recarsi al più vicino villaggio, così Oz decise di seguirle.
Durante il viaggio si imbatterono in due lupi che inseguivano un Worg.
Oz cercò di parlare con il Worg, che però spirò subito.
I lupi vennero abbattuti immediatamente, ma fu presto chiaro che essi erano contaminati da un'oscura maledizione che li incitava alla violenza e li conduceva alla morte.

Proseguendo nel viaggio Oz e le sue compagne si imbatterono in uno shargugh  disperato in quanto alcuni goblin stavano massacrando la sua famiglia. Arrivati sul posto Oz non poté che constatare l'avvenuto massacro.
Uno Chevall stava nascondendosi, ferito, nella radura.
Oz si offrì di aiutarlo ed esso raccontò che la maledizione era effettivamente presente ed infondeva poteri sovrannaturali alle bestie ed ai goblin delle colline.

Sulla strada per il villaggio i tre avventurieri si imbatterono in una piccola squadra di goblin maledetti che diedero del filo da torcere ai nostri eroi, arrivando a ferire Oz e la sua compagna ranger.
La maledizione li aveva contaminati, ma per il momento essi resistettero.
Sul cadavere di un umano, trastullo dei goblin, fu ritrovata una missiva: il villaggio di Armstead, dove i nostri erano diretti, chiedeva aiuto alla vicina guarnigione di Fort Cruth, in quanto orde di goblin idrofobi lo cingevano d'assedio.

Lasciata la speranza di raggiungere il villaggio fu presa la decisione di consegnare la richiesta d'aiuto.

sabato 21 agosto 2010

47b IL DIARIO DI LONSAD

A sera Drev torna di nuovo stanco morto, ma con aria trionfante: ha trovato il diario di Lonsad ed è riuscito a portarlo via senza che il bibliotecario se ne accorgesse. Finalmente! Speriamo di trovarci le informazioni che ci servono. Mi dice anche che all’uscita dell’archivio la signora dell’enclave lo stava aspettando. Voleva sapere quanto tempo ancora gli serviva per terminare le sue ricerche, perché voleva organizzare una cena in onore degli avviati rapporti con Halruaa. Lui ha risposto che probabilmente un paio di giorni sarebbero bastati, poi lei ha insinuato sospetti sulla fuga di Lorcan e ha detto che si augurava di vedermi alla cena in onore dell’ambasciatore. –“E ha pure proposto a Drevlin di restare lì per la notte e di bere qualcosa con lei…” Immagino la scena, la faccia di lui… Ridacchio tra me e me mentre mi faccio consegnare il diario, lo leggerò questa notte. Ad ogni modo, non ho nessuna intenzione di partecipare alla cena organizzata all’enclave con lo psicopatico in giro. Anche Drev non prende bene la notizia della nuova vittima.
 Il diario di Lonsad è scritto in antico netherese, mescolato al celestiale. La prima parte descrive il mondo attraverso gli occhi stupiti del ragazzo: il sole, la vegetazione e gli animali, la moltitudine di persone diverse… Poi parla dell’aiuto datogli dai maghi rossi, che tutto sommato sono brava gente. Sì, certo… Ripenso al manualetto sulla vita nel Faerun distribuito a Selunnara, un brivido freddo mi attraversa la schiena. Finalmente trovo quello che ci interessa: viene narrata la ricerca dell’anello, recuperato e riportato a Selunnara. Il bracciale dovrebbe essere ancora in possesso di uno di coloro che erano volontariamente rimasti indietro. Si tratterrebbe di Saharel, una maga molto potente che si era offerta di custodire l’oggetto. Il racconto si interrompe in questo punto, Lonsad è morto prima di rintracciare la donna.
 Il mattino dopo relaziono agli altri, in modo che Drevlin all’enclave possa cercare informazioni su questa persona. Lee ricorda il nome della maga, gli pare ricorra nelle cronache di alcune battaglie vicino a quello di Elminster, ma non è sicuro che fossero alleati.
 Un altro lungo giorno noioso, con Lorcan che sta per dar fuori di matto. Poveretto, è al limite della sopportazione.
 Drev torna prima del solito. È riuscito a trovare un libro storico sulle Valli che parla anche della donna che stiamo cercando, citata col nome di Sharel. Era una stregona di grandissime capacità, innamorata di Elminster. Durante i Disordini, per salvarlo ha sacrificato la sua vita affrontando e uccidendo Manshoon. E chi potrebbe avere ora il bracciale? Non dirmi che dobbiamo andare a chiedere a Elminster in persona, al mago più potente e famoso in circolazione...
 Il problema più immediato però resta lo psicopatico. E di conseguenza la cena all’enclave.
 Il gruppo decide di passare all’azione. –“Volete che venga anch’io?” –“NO!” La risposta è secca e all’unisono. Va bene, state calmi! L’idea non piaceva neanche a me. Cedo a Lorcan il mio equipaggiamento mentre Drevlin scruta il nostro uomo. Si vede una ragazza dai fluenti capelli neri che cammina per una delle strade principali di Calimport. Siamo un po’ perplessi… che sia la nuova vittima? Strano. Il mago guarda gli altri due: pronti? Usa una pergamena di teletrasporto e svaniscono dalla stanza. Fate attenzione, vi prego. Resto con Malik, accarezzandolo nel tentativo di calmarmi. Aspettare così, senza sapere, è snervante. Forse perché sono già nervosa di mio… Le fusa del micione mi aiutano a sopportare l’attesa. Gli altri, privi di un secondo teletrasporto, tornano dopo un paio d’ore. Sono tutti e tre salvi, ma l’assassino è riuscito a dileguarsi. La ragazza dai capelli neri era lui travestito, e con quelle sembianze ha assoldato dei mercenari per proteggerlo a distanza, fornendo una descrizione accurata del gruppo. Loro ne hanno fermati e interrogati due, ma ce ne sono altri. Durante lo scontro Drev è stato ferito seriamente, quando però lo psicopatico si è reso conto di non poter avere la meglio, si è dileguato come al solito. Il mago borbotta che avrebbe dovuto braccarlo la prima volta che lo ha scrutato, quando si stava curando le ferite a casa sua… -“Magari sarebbe scomparso anche in quell’occasione, non puoi sapere se l’effetto sorpresa sarebbe bastato. E prima o poi, ci tornerà a casa sua, no? Dormirà anche lui ogni tanto…”
 Intreccio le mie dita alle sue, i suoi occhi verdi si addolciscono.
Ce ne andiamo tutti a riposare. Domani mattina Drevlin dovrà tornare all’enclave e noi dovremo elaborare un altro piano per catturare l’assassino.

mercoledì 18 agosto 2010

47a IL PICCOLO EDEIN

Finalmente! Almeno una buona notizia! Comincia un certo via vai di persone, ora sono impaziente di vedere i neo genitori e il bimbo. Dopo qualche minuto compare Lee. Poveretto, è stravolto: si è fatto carico di metà del dolore legato all’evento, credo che per un uomo sia comunque un’enormità! Lo abbraccio e mi congratulo con lui, mi dice che posso entrare da Lara e dal neonato. Lei è ancora più sconvolta, ma il modo in cui guarda il fagottino che tiene tra le braccia è commovente. Mi sorride radiosa mentre le faccio i complimenti: “Non è bellissimo?” Sì, è splendido. È piuttosto piccolino, con pochi capelli e cerca di succhiarsi una manina. Direi che assomiglia alla mamma… Poi arriccia il nasino, sgambetta indispettito e comincia a piangere disperato. Però, che vocina! Lara mi passa il bimbo e si fa aiutare de Lee a mettersi seduta. Ho quasi paura di tenerlo, sembra così fragile… Benvenuto piccolino! Canticchio e gli sbaciucchio la testolina, lui si calma quasi subito. Mi fissa imbronciato nel tentativo di mettere a fuoco il mio viso. –“Come volete chiamarlo?” Lara risponde sicura: “Edein”. Davvero? Si accorge del mio stupore: “Sai, quando mi parlava della libertà io allora non avevo capito… Adesso invece so che aveva ragione.” GP ne sarebbe contento. Ma sì, Edein è perfetto. Riaffido il bimbo alla sua mamma e poi li lascio tranquilli.
Dopo mezz’ora ricompare Lee. Dato che il piccolo si è addormentato, ora va a riposare anche lui. Sarà meglio, ne hai proprio bisogno. Non ho il coraggio di dirgli di Lorcan, preferisco evitargli altri pensieri, almeno per il momento. Però il problema su come liberare il bardo mi cruccia, continuo a camminare avanti e indietro senza arrivare a una conclusione. Forse se riusciamo a portarlo qui con la scusa di interrogarlo sotto gli incantesimi dei chierici, possiamo dimostrare la sua innocenza. Di sicuro anche Drev sarà stato avvisato, chissà se ha già escogitato un piano…
Sto rimuginando ancora sulla questione quando avverto i pensieri di Malik, che subito dopo entra nella sala insieme a Drev e Lorcan. Caspita, che efficienza! E bravo il mio mago. Il bardo è furente e vestito con abiti lerci. Drev è riuscito a farlo evadere con uno stratagemma e invisibilizzandolo, ma lui è seccatissimo per la perdita di tutto il suo equipaggiamento, compresi gli oggetti magici. Si è salvato solo il bracciale che porta sulla coda, perché nessuno ha osato rimuoverlo. Cerco di saperne di più, ottenendo solo lamentele da Drev per i soldi che ha dovuto sganciare alle guardie e pianti dall’altro sulla piccola fortuna che gli è stata sottratta. –“Le mie pietre preziose… Il mio mantello del pipistrello! Come vado in giro adesso, in mutande?” Gli faccio notare che lui non deve mettere piede fuori dal monastero, almeno finché non avremo risolto la questione serial killer. –“Ma io come lo affronto quel bastardo! A mani nude?” Si rilassano un pochino solo alla notizia che il piccolo Edein è nato ed è andato tutto bene. Drevlin è stanchissimo, domattina deve rientrare all’enclave per evitare ulteriori sospetti e per continuare le ricerche. Ha trovato la parte d’archivio che ci interessa, ma non ancora le notizie che cerchiamo. Riusciamo appena a rubarci un bacio prima che lui vada a dormire, poi io resto a consolare Lorcan, nervosissimo e depresso. Mi racconta che quando i thay sono andati per interrogarlo la cosa aveva preso una brutta piega e lui era fuggito, ma per le strade di Calimport una guardia l’ha riconosciuto e con l’aiuto di due colleghi è riuscita a catturarlo. Ma come, ti sei fatto mettere nel sacco da una comune guardia di Calimport! Un ladro abile come te! Non gli dico nulla, non voglio rigirare il coltello nella piaga: è già abbastanza abbattuto e indispettito di suo.
Si è risvegliato in prigione in mutande e il suo equipaggiamento era già stato rivenduto quando Drevlin ha cercato di recuperarlo. E ora, come farà a riaverlo… Non è che riesca a risollevargli il morale più di tanto, è perso nel suo chiodo fisso.
Visto che ho fatto quasi tutta la notte in piedi, dormo fino a tardi. Tanto di qui né io né Lorcan possiamo uscire e ho scambiato di nuovo i famigli con Drev. Nel pomeriggio Lee va a fare spese per il piccolo e viene incaricato da Lorcan di comprargli dei vestiti e cercare i suoi oggetti. Per calmare un po’ il bardo gli passo il mio stocco magico e un’armatura leggera incantata, ma gli unici momenti in cui si distrae è quando possiamo vedere Edein. Lui lo maneggia con una certa disinvoltura e anche se non vorrebbe darlo a vedere si intenerisce di fronte al bambino. I ricordi ci sorprendono anche quando non vorremmo… Il tempo scorre lento, tra le lamentele di Lorcan. Certo non si diverte ad essere intrappolato in un tempio di Ilmater, è insofferente, ma lo capisco.
La situazione non cambia nemmeno per i due giorni successivi. Drevlin resta in archivio tutto il tempo e torna da noi solo per dormire. Considerato che gli tocca anche camminare per più di un’ora per colmare la distanza tra l’enclave e il tempio, è sempre stanco. L’unico che esce oltre a lui è Lee. Ha raccolto informazioni sul mercato nero e io gli presto 5.000 monete d’oro per riacquistare parte dell’equipaggiamento di Lorcan. Trova solo la capretta da viaggio, con buona pace dei miei soldi. Purtroppo la mattina del terzo giorno arriva la notizia che un’altra ragazza è stata trovata morta avvolta nella seta arancione. Questa volta l’assassino sembra essersi accanito più del solito sulla vittima, il viso di lei è rovinato e anche il corpo è stato ripulito e avvolto nella stoffa con meno cura. Mi sento in colpa. Però, non è che se fosse riuscito a mettere le mani su di me avrebbe smesso…

lunedì 16 agosto 2010

PORTATI ALTROVE (Mystara)

Il punto di vista è quello di KAYLEIGH.

Aggirata questa collinetta dovrei finalmente avere l’eremo in vista. Ho voluto evitare i sentieri, forse non era necessario ma sto diventando paranoica. Le settimane di vita solitaria tra i boschi mi hanno permesso di recuperare l’autocontrollo e la stabilità emotiva. E di pensare. Il corpo ormai agisce autonomamente e il mio cervello svolazza libero. Ho escogitato qualche stratagemma quanto meno per limitare il problema. Sempre che funzioni… Speriamo che i monaci trovino una soluzione, ma sono pessimista. Il primo chierico a cui mi sono rivolta sta ancora ridendo adesso. Aveva proprio i lacrimoni agli occhi! Meno male che ho preteso prima il giuramento di silenzio assoluto sulla questione. Ce lo vedo piegato in due che risponde: “Niente, niente!” a chi gli domanda cosa ci sia di così divertente. Almeno farà la figura del c****one anche lui, visto che si è divertito a mie spese. Dagli altri non è andata molto meglio: qualcuno mi ha chiesto se ho mai sofferto di disturbi psichici – No, prima di Antonius no! – altri l’hanno presa più seriamente e con cautela, ma nessuno di loro mi ha trovato addosso qualcosa. Dicono che sono “pulita”.
 Gli ultimi giorni nell’esercito mi avevano quasi portato alla follia. Quello ormai è decisamente il posto peggiore dove stare. Peccato, gli istruttori elfici erano fantastici. Ho imparato da loro tutto quello che so. A parte maneggiare la spada, per quello è bastato papà.

  O un grande mercato, quelli con un sacco di bancarelle e pieni di gente, coi venditori che imboniscono la merce, magari pure i mendicanti… potrebbe essere quello il posto peggiore.
  No, tutto sommato credo vinca l’esercito.

Cos’è questa… Orma, grossa… Orco. Due… tre… troppi. Dannazione! Mi tocca tornare indietro e girare dall’altra parte. Dov’è Morgan… vola un po’ basso, potrebbero notarlo, meglio se lo richiamo.

Dunque, dov’ero rimasta… ah sì, l’esercito. Ecco. E le imboscate! Sono pericolose di loro, ma potrebbero essere più pericolose. Magari lo trovano destabilizzante: gli assalitori si danno alla fuga temendo una trappola. Sarebbe una scena bellissima!
Sì, ma se mi prendo per il culo da sola non ne esco più.
 Uffa, salendo da qui impiegherò una vita. Vediamo se taglio per di lì.
  In certe situazioni magari un bel paio di tappi…

Mi ritrovo su un piccolo strapiombo, sotto il quale stanno accampati gli orchi. Una decina. Ma che razza di strada hanno fatto! Va bene, girare i tacchi moooolto silenziosamente e telar… Ops. Una sentinella. Dallo sguardo ottuso ma bella grossa. VIA! Te lo puoi sognare di starmi dietro, bestione. Dai pure l’allarme, mi sarò dileguata prima che i tuoi amici arrivino quassù. La fregatura è che mi devo allontanare dall’eremo.
 Dovrei averli seminati, è mezz’ora che mi muovo. Mi apposto in ascolto e aspetto, ce ne sono due nei paraggi. Ma come! Li osservo bene: uno è un battitore. E bravo. Che ci fa da queste parti un gruppo di orchi con dei battitori? Piano B: frecciata. Preso, ma non abbastanza bene da azzopparlo. Ricomincio la fuga, anche perché la loro mira non è poi così scarsa. Sono molto più organizzati del previsto e mi stanno spingendo verso la zona più impervia. Li tengo in ballo per un paio d’ore, poi mi trovo nella classica situazione di emme: dirupo con ampia cascata da una parte, e 12-13 orchi poco amichevoli dall’altra. Vergogna! Prendersela in tanti grandi e grossi con una povera mezzelfa indifesa! Fortunatamente, non capisco la lingua degli orchi.
 Non c’è molta scelta: affrontarli è morte certa, se mi butto nella cascata, pur non essendo una nuotatrice sopraffina, ho qualche possibilità. Fischio per richiamare Morgan, non appena uno degli orchi tende l’arco mi butto. Che Maeliden mi guardi!
 Anziché l’impatto con l’acqua o con qualcosa di ben più duro, sento un’energia magica che mi avvolge accecandomi e una voce maschile -AAAAAAAAAAH! No, calma, non è la sua; è molto più banale - “E con questa fanno tre”.
Già mi scoccia per non essere la prima…
 Quando recupero la vista e il senso dell’orientamento mi ritrovo seduta in una caverna poco illuminata e puzzolente. Morgan mi ha conficcato gli artigli in una spalla, se non lo porto fuori di qui in fretta sbarella. Ma ci sono altre persone. Le osservo schiena al muro senza muovermi, la mano sull’elsa: un biondino spilungone in abiti elfici che si sta alzando in piedi e una ragazzina poco più giovane di me che chiede dov’è finita e chi siamo, puntando davanti a sé una spada. Mmmh, una bella lama elfica. I conti tornano: tre. Non mi sento minacciata. Il ragazzo, sui 25 anni, ignora la domanda e inizia a controllare il tunnel più vicino a lui. Maleducato! Io rispondo: “Non conosco lui, e purtroppo non so dove siamo né cosa mi ha portato qui. Però forse è il caso di trovare l’uscita e orientarci.” Mi alzo senza toccare le armi, anche lei si alza abbassando la lama, con gli occhi azzurri fissi su di me. È piuttosto alta per la sua età, ma magrolina, con i capelli corvini che fanno risaltare ancora di più il cielo delle sue iridi. No, non è un pericolo.
  –“Piccola, tu ti fidi troppo…” Sì, papà, sì. Lo so.
 L’altro continua a farsi i fatti suoi come se non esistessimo. Controlla in giro, poi mentre io perlustro un tunnel e la ragazza l’ultimo rimasto, dichiara soddisfatto che possiamo stare tranquilli perché non ci sono fate e si rilassa. Forse lui ha effettivamente dei problemi psichici… E poi perché dovremmo temere le fate? A Wendar ci si è appena trasferita tutta Alfheim, saranno un po’ scocciate di avere tutta sta gente di colpo tra i piedi ma non mi risulta che siano così rissose. Sarà… Comunque questo passaggio è bloccato da una frana. L’uomo biondo ha degli incredibili occhi violetti e appena capisce che sono una ranger mi si piazza alle calcagna ai canonici tre metri di sicurezza. Che fastidio… mi inquieta. La ragazzina dice di sentire filtrare dell’aria dal passaggio di mezzo. Vado a controllare: è vero, sembra che l’uscita sia vicina. Usciamo in fila indiana, ma ci imbattiamo in una grotta più piccola nei resti maciullati e decomposti di alcuni lupi e di un orco. Strano, non vedo ferite da tagli o morsi. Ossa spezzate, arti strappati… cosa può mai fare dei danni del genere? Meglio andarsene alla svelta prima che diventi un problema nostro. Siamo fuori in poco tempo. Mi riempio i polmoni di aria fresca e Morgan spicca subito il volo. Ora si ragiona.
 Punto primo: tracce di diversi lupi che proseguono diritto, ergo noi andiamo dalla parte opposta. Secondo: dove siamo? Vediamo un po’: quelle montagne là in fondo, messe per così… e il sole… se non mi sono persa delle ore… dovremmo essere a sud di Darokin e dovemmo riuscire a raggiungere la strada per Selenica prima del tramonto. Forse. Beh, il forse lo tengo per me, il resto lo dico agli altri. Certo con le stelle sarebbe più facile. Terzo: li porto al sicuro nel luogo civilizzato più vicino e poi tanti saluti. Anche se quel “E fanno tre” mi ronza in testa. Tutti d’accordo a proseguire in gruppo. E vorrei vedere senza guida dove andate… Parto leggera e silenziosa. Però, anche loro si muovono bene, senza far rumore. Ottimo, non ci noteranno. Ma sarà più difficile controllarli. Lo spilungone, sempre alle mie calcagna, non lascia tracce; sta usando un incantesimo. Lo curo costantemente con la coda dell’occhio. Il fatto che non parli praticamente mai ha i suoi vantaggi. Lei è più disorientata del dovuto, prudentemente controlla sempre alle spalle. Ma gli occhi con cui guarda le montagne, e il bosco circostante… dev’essere la prima volta che si ritrova catapultata nella vita selvatica. A maggior ragione se la sta cavando bene.
 Ci blocchiamo a un fruscio in avvicinamento: mi butto a terra conl’arco puntato, facendo segno agli altri di nascondersi. Un grosso worg barcollante si schianta su una pianta lì vicino, coperto da morsi di lupi più piccoli. È agonizzante, vorrei dargli il colpo di grazia ma lo spilungone mi ferma. Tenta di parlare con la bestia, che però spira. Non è normale: devono essere i worg a cacciare i lupi. Non mi piace. Come temevo, incocciamo in due lupi bavosi allo sbando poco più tardi. Sto maledetto mi è arrivato addosso costringendomi a mollare l’arco. L’adrenalina, al solito, mi libera la mente. Adoro il rumore della lama sul fodero mentre la estraggo, è il suono della concentrazione. La mia spada bastarda trapassa la bestia che guaisce indietreggiando. È già spacciata. Il biondo si è allontanato e sta lanciando un incantesimo. La ragazzina si pianta coraggiosamente davanti all’altro lupo e… finta! Ommamma aiuto! Subito dopo però gli assesta un bel fendente che fa stramazzare l’animale. E brava. Abbiamo risolto la situazione in fretta.
 Avanziamo con cautela, ma purtroppo quando comincia a calare la sera la strada ancora non si è vista. Ci fermiamo a mangiare, con le stelle capisco che eravamo più indietro di quanto credessi. Non di molto, ma ci tocca accamparci all’aperto. Mostro agli altri la cartina. La soluzione più vicina è il villaggio di Armstead, altrimenti li posso portare sulla strada. Il villaggio piace a tutti.
 Lui è sempre laconico, lei invece è più incline alla conversazione. Lui mi dà l’idea dell’opportunista, sta con noi giusto perché gli fa comodo. Se gli diamo fastidio può anche andarsene, non è che ci offendiamo. Forse nasconde qualcosa, ma del resto lo faccio anch’io.
 Lei no, lei è un gattino arrabbiato col mondo, ma dalle unghie affilate. Mi sta simpatica, molto.
“Piccola…” Sì, papà! Lo so!
 Però, ’sto dubbio me lo devo levare: chiedo se anche loro hanno sentito la voce. Non quella di mio padre, ovviamente… Sì: lei è la numero 1 e lui il 2. Lui stava per essere ucciso dalle fate vicino a Wendar e lei da un’incantatrice a Glantri città. Andiamo bene. Non voglio neanche saperlo il perché. Mi piacerebbe capire invece se siamo stati scelti proprio noi per qualche motivo specifico, se abbiamo qualcosa in comune. Mi viene in mente solo l’equipaggiamento elfico. E l’impressione che sto tralasciando qualcosa che non dovrei. Ma quella ce l’ho sempre e ho imparato a ignorarla. E poi, chiamarsi a versi è brutto: almeno i nomi… Lei è Kelsia. Suona bene. Lui si chiama Oz. Ma non è colpa sua.
 Entrambi, seppur in modo diverso, mi guardano con una certa considerazione. È la cosa più fantastica e misteriosa di tutte, quella che mi stupisce ogni volta: che i miei gesti e le mie parole siano in realtà così misurati e normali che nessuno si accorge dello strano carnevale in cui si muovono i miei pensieri!

sabato 14 agosto 2010

PORTATI ALTROVE (Mystara)

Il punto di vista è quello di KELSIA. Il post è di Tenar

Mi stanno accadendo cose troppo strane. Mi sento come un foglia, in autunno, che cade in uno dei canali. Viene trascinata tra correnti e piccoli gorghi e i bambini stanno a guardare se sprofonderà subito o arriverà intatta fino al porto.
 Forse, scrivendo man mano quello che succede ogni giorno, avrò la possibilità di raccogliere le idee e ristabilire un senso agli eventi.

 Questa mattina ero a Glantri, la mia città, nel punto dove mio fratello, perché per me sarà sempre mio fratello, è morto. Gli scagnozzi di Rulf mi hanno raggiunto. Me lo aspettavo, ma non credevo che per me mobilitasse così tanti dei suoi uomini, né che si scomodasse di persona insieme a quella stregona della sua puttanella.
 Io volevo solo andarmene. Nessuno di loro mi è mai stato simpatico, ma ho diviso con loro il pane e il bottino e non mi andava di combatterli. Sono più veloce di loro a muovermi sui tetti e contavo di scappare.
 Poi all’improvviso, durante un salto, la magia della stregona mi ha raggiunto. Quella che ho sentito, però, è stata una voce maschile.
 “E una” Ha detto.
Sono caduta, la testa mi girava, ma quando ho incontrato il suolo e ho aperto gli occhi, non ero più dove dovevo essere.

Ero in una caverna fiocamente illuminata, insieme ad altre due persone. Una ragazza con qualche anno più di me, dal sangue elfico evidente nei capelli argentei, vestita con abiti pratici e accompagnata da un falco e un uomo dell’età di mio fratello, sempre in abiti elfici, dagli strani occhi violetti.
 Anche loro sembravano disorientati quanto me. L’uomo ha detto solo qualche parola, sembrava preoccupato dell’eventuale presenza di fate. Forse aveva battuto la testa davvero molto forte o credeva di essere finito in una favola, cosa che avrebbe anche potuto essere vera, per quel che ne capivo.
 La ragazza, sia pure disorientata e non a suo agio nella grotta mi è sembrata subito molto pratica, ha proposto di stare in gruppo e cercare di uscire. Tra me e lei siamo riuscite ad individuare un cunicolo da cui arrivava una corrente d’aria e ci siamo incamminati.
 Dopo poco abbiamo trovato dei cadaveri di un orco e di lupi. Sembrava che qualcosa avesse loro rotto le ossa, anche se la cosa più evidente era l’odore di morte e di decomposizione.
 Fortunatamente all’uscita mancava poco.

All’aperto la mezz’elfa si è subito rianimata. Ha osservato le montagne e il bosco e ha dichiarato che non eravamo troppo distanti da una strada, poi si è incamminata con passo silenzioso e sicuro.
 Ho cercato di fare come lei. Non volevo far capire che per me era tutta una novità. La vista delle montagne innevate, l’odore umido e vegetale del bosco, la sensazione degli aghi degli abeti sotto le calzature.
 Anche l’uomo si muoveva con sicurezza tra gli alberi e le lucine danzanti che ha fatto apparire attorno a sé (chissà perché) mi hanno fatto capire che è un qualche genere di arcanista.
 Dopo qualche tempo dagli alberi è spuntato un enorme lupo, ferito e sanguinante che è praticamente morto sotto i nostri occhi a pochi passi da noi. Siamo accorsi a vedere le sue ferite, segni di morso, forse di cani o lupi più piccoli. Che ci siano degli animali rabbiosi, qua in zona?
 Non ho fatto tempo a domandarmelo che sono spuntati due lupi, più piccoli, ma ringhiosi. La mezzelfa è andata subito in corpo a corpo e allora anch’io, per non sembrare da meno ho affrontato una delle bestie, anche se avevo paura e non avevo mai visto prima un lupo. L’uomo invece si è allontanato, per colpirli a distanza con la sua magia. Fortunatamente se io non avevo mai visto un lupo, neppure lui sembrava aver mai visto una schermitrice di Glantri e sono riuscita facilmente a distrarlo quel tanto che bastava per poterlo infilzare al collo. Intanto la mia compagna, con due spadate ben assestate ha sistemato il suo avversario.

 Alla sera, quando ci siamo accampati, abbiamo osato un po’ di conversazione tra di noi. Pare che tutti e tre, in un momento di pericolo, siamo stati teletrasportati da qualcuno nella caverna e tutti abbiamo sentito la voce maschile.
 La mezzelfa ipotizza che possiamo essere stati scelti da qualcuno per un tratto in comune, accenna alla mia spada e dice che tutti abbiamo con noi qualcosa di elfico.
 Annuisco. Lei mi piace molto. Vorrei essere così, autosufficiente e in grado di badare a me stessa. Se non fosse stato per lei non avrei saputo da che parte girarmi in queste montagne, invece pare che ci condurrà presto a un villaggio. Questa mattina credevo di iniziare una nuova vita basandomi solo su me stessa, invece dipendo da lei proprio come dipendevo da mio fratello. Spero solo di riuscire ad essere utile, almeno un po’.
 Dell’uomo non so cosa pensare. Parla poco, solo se interrogato e spesso ignora anche le domande dirette. Anche lui sembra ben contento di aver incontrato una ranger, ma con la magia sembra sapere il fatto suo e credo se la sarebbe cavato anche da solo. Del resto, sembra sia abituato alla solitudine. Si è sistemato un po’ discosto rispetto a noi due ed è intento a sistemare le sue cose senza voler approfondire in alcun modo la nostra conoscenza.

 Quanto al resto, non so cosa pensare. E’ possibile che il teletrasporto mi abbia salvato e, comunque, volevo andarmene da Glantri. Il villaggio dove siamo diretti può non essere peggiore di tanti altri posti.
 Tuttavia volevo anche essere libera.

martedì 10 agosto 2010

46b COMPLICAZIONI

Ci attende la signora dell’enclave, una donna dal capo rasato e tatuato, che giochicchia con una maschera magica raffigurante un beholder e che ha un globo oculare come famiglio. Non so darle un’età, credo sia sulla trentina; è coperta di veli rossi e si presenta come Chathin Zurn. Di primo acchito, non è certo simpatica. Lo è ancor meno nel proseguo dell’incontro. Drev chiede spiegazioni su quanto accaduto durante la notte, lei ribatte che non è successo nulla, io sto bene e degli ambasciatori di Halruaa non si lasceranno mica intimorire per così poco. Il mago si sta alterando, insiste perché trovino alla svelta il colpevole. Stanno provvedendo: hanno controllato alcune persone che alloggiano nella locanda per stranieri. Il mago dice che in realtà il colpevole è un Thay, lo abbiamo visto con uno scrutare, ma lei taglia corto: dai loro incantesimi il sospetto è un tiefling, che difatti è fuggito di fronte alle guardie. No, non dirmi che è Lorcan… La donna ci guarda con superiorità: “Del resto può succedere a dei principianti di sbagliare”. Drev si controlla a stento, questa è apertamente un’offesa. Mi sto alterando anch’io: “La nostra magia era supportata da effetti molto personali dell’assassino, è improbabile che abbia fallito. Se voi non volete occuparvene è un altro discorso…” Lei provocatoria riafferma che loro avevano il mantello dell’uomo, e ribadisce che capita agli inesperti di non saper indirizzare correttamente gli incantesimi. E poi, insomma, non mi è successo nulla di male, perché farla tanto lunga… Drev, radiamo pure al suolo l’enclave! Del resto, a dei principianti può capitare di calibrare male la potenza di un incantesimo… Zelman avrà sicuramente un’arma di distruzione di massa da prestarci! Siamo tuoi ospiti, cretina arrogante. Ci tieni proprio a inimicarti Halruaa? Mi tornano in mente le parole del capo: cercare di non farsi notare troppo… Ma porca miseria, sempre con le mani legate. Mi defilo dalla discussione tornando a fare la fidanzata decorativa, mentre Drevlin e la donna si scambiano altre frasi taglienti. Poi il discorso volge su cosa abbiamo da offrire e su cosa cerchiamo. Il mago è bravo a stare sul vago: vogliamo informazioni più che altro storiche sui thay in cambio di alcune conoscenze di magia “scenica” (rane luminose o qualcosa del genere. Truzzo e di cattivo gusto… potrebbe piacere molto). La donna parte di nuovo in una divagazione sulla superiorità della magia thay, che bada al sodo e non si perde in cose inutili, e vuole sapere più nel dettaglio cosa ci interessa prima di accettare. Il mago di destreggia bene e alla fine otteniamo l’accesso al loro archivio. Però, concederanno a uno solo di noi di entrare a consultare i documenti: più persone altererebbero l’equilibrio ambientale per la loro corretta conservazione. In quella un servitore molto imbarazzato viene a consegnare un messaggio a Lee: è richiesta la sua immediata presenza al monastero perché sta nascendo suo figlio. Chathin ironizza pesantemente, ma Lee si lascia scivolare tutto addosso senza scomporsi minimamente. Sarà Drev a occuparsi dell’archivio, per cui è meglio che io torni al tempio con il monaco. Lascio Malik con il mago, in modo da sapere se gli capita qualcosa di male, e mi prendo Ed-Widge. Non mi piace saperti qui da solo, ma non abbiamo alternative. Ci alziamo da tavola per andarcene, senza aver toccato cibo. Vedi mai che sia avvelenato… Per non correre rischi, decidiamo di teletrasportarci direttamente al monastero di Ilmater. Per farlo però dobbiamo allontanarci di qualche metro dall’ingresso dell’enclave. Indosso un mantellino scialbo coprendomi la testa ed esco scortata da Lee e da una guardia. Mentre sto prendendo la pergamena con l’incantesimo, sento il monaco davanti a me gemere per il dolore: un dardo lo ha colpito alla spalla. Come, ho appena messo fuori il naso… D’istinto mi lancio una protezione del male e indietreggio verso la porta, allertando mentalmente Malik. La guardia confusa torna anche lei sui suoi passi, mentre Lee viene colpito di nuovo. Abbiamo visto la zona da dove è arrivato il dardo, il monaco prova con un incantesimo ad area. La guardia fa riaprire la porta dell’enclave e mi riporta dentro. Credo che Lee sia andato a segno, perché l’assalitore non dà più segno di sé. Allora sei proprio fissato con me, non ti sono bastate le legnate dell’altra volta. Intanto c’è un certo movimento di gente armata, in pochi istanti arriva anche Drev con i thayan. Dopo una breve discussione, mi concedono di lanciare il teletrasporto dall’interno dell’enclave (ma quanto siete magnanimi!) così io e Lee arriviamo al tempio sani e salvi. Lui viene immediatamente portato da Lara, io aspetto paziente. Spero che vada tutto bene, sia per il bambino, sia per Drev, sia per Lorcan che è disperso chissà dove. Il tempo scorre lento, troppo. Mi snervo all’idea dello psicopatico appostato là fuori. Ormai si fa buio, il parto va per le lunghe e io non me la sento di dormire in una cella da sola. Racconto al chierico nostro amico cosa è successo e gli chiedo di vegliare con me. Dopo circa un’ora, arriva un messaggio magico: il tiefling che ha tentato di rapirmi è stato catturato ed è rinchiuso nella prigione di Calimport. No, nooooo! Lorcan si è fatto prendere! E adesso, come lo tiriamo fuori di lì senza destare sospetti? Ma è mai possibile che non ne vada una dritta… I miei pensieri vengono interrotti da un paio di monaci tutti contenti ed eccitati che escono dalle stanze adibite al parto: “È nato! È nato! È andato tutto bene ed è un bel maschietto!”

sabato 7 agosto 2010

46a NELLE MIRE DELL'ASSASSINO

Mi riprendo a fatica, non riesco a scrollarmi di dosso il torpore. Avverto la preoccupazione di Drevlin, Malik e Lee, che deve avermi curato con un incantesimo. Cerco di rassicurarli, dico loro che sto bene ma ho la lingua impastata e non so se capiscono. Drev mi stringe a lui per un attimo, sollevato. Vorrei capire cosa sta succedendo, mi spiega che qualcuno dalla finestra mi ha addormentata con un dardo soporifero. Cadendo ho sbattuto contro l’armadio svegliando Malik e poi lui è riuscito a mettere in fuga l’aggressore arrostendolo con due “raggi roventi”. Non sono molto lucida, l’unica cosa che vorrei fare è dormire e a complicare di più le cose arrivano dei servitori che incalzati dalle urla di Drev corrono a chiamare il responsabile della sicurezza. Il mago è furente, si è spaventato e ritiene l’accaduto un affronto ad Halruaa. Ma chi avrebbe interesse a sollevare un polverone del genere? Siamo loro ospiti… Dopo pochi minuti arriva un uomo massiccio in un’armatura scura piena di lunghi spuntoni. Non ha un aspetto rassicurante. Il dialogo col mago è teso fin dall’inizio e degenera rapidamente, ma non riesco a seguire con attenzione, sono intontita. Per questo non intervengo, sono troppo lenta. Alla fine ci offrono un’altra stanza dove alloggiamo tutti e tre insieme piantonati da alcune guardie. Azzardo che forse gli autori dell’aggressione sono shariti, a loro non importerebbe nulla di un incidente diplomatico. Mi sembra strano siano i maghi rossi, e anche il killer non avrebbe vantaggi ad attirare un’attenzione simile. Drevlin decide di usare la sfera magica per scrutare il nostro uomo: siamo riusciti a recuperare un po’ del suo sangue e questo dovrebbe aiutare. Visto che l’operazione richiede del tempo, che veglierà Lee e che siamo convocati dalla signora a capo dell’Enclave solo per pranzo, mi butto sul letto e dormo beata.
Ecco, adesso si ragiona. Ora la mia mente gira a pieno ritmo. Il volto di Drev è sorridente, ma elusivo. Che ha scoperto con la sua divinazione? Usa un certo tatto (strano!), ci gira intorno: è riuscito a vedere il nostro uomo, si tratta di un Thay dall’aspetto anonimo e con un tatuaggio sulla schiena. Beh? Ed è sicuramente il serial killer. … … O c***o! È venuto per me! Di nuovo il corpo della ragazza avvolto nella seta arancione sovrasta tutto il resto. Ma, ma… Perché dovrebbe rischiare così? Sono troppo in vista perché la sua impresa venga ignorata. Drev ipotizza che sia in combutta con questi str***i maghi thayan, si sta già “scaldando” di nuovo. Immagino i suoi propositi di radere al suolo l’intera enclave. Gli ricordo che abbiamo bisogno di consultare l’archivio, non possiamo andarcene o farci cacciare. O peggio. Il serial killer, che vuole farmi la pelle… letteralmente! Quelle informazioni ci servono, purtroppo. Mi accoccolo addosso a lui, ho bisogno di “conforto” perché l’idea dello psicopatico intenzionato a trastullarsi con me mi disturba parecchio. -“Ma sei sicuro che fosse quell’assassino?” Lui tralascia il libro che stava consultando per concedersi meglio alla mia “compensazione empatica”. Mi accarezza distrattamente i capelli: “Eh… direi di sì. Le fruste e … il resto… sono prove inequivocabili”. Le sue reticenze e la strana espressione che assume mi preoccupano più delle sue parole! Ma quello che passa dal calore del suo abbraccio è sufficiente a rassicurarmi. Anche se in sottofondo avverto che non è tranquillo.
Dopo pochi minuti rientra Lee, che era andato a fare un giro per l’enclave. È passato al negozio di stoffe dove ha comprato l’ultimo scampolo di seta arancione per un vestito per Lara. Pare che questa seta venda bene, che ci siano clienti affezionati e che il prossimo rifornimento ci sarà tra poco più di una settimana. Ormai è ora di uscire, scortati dalle guardie che ci piantonano ci dirigiamo verso i giardini, dove è stato organizzato un pranzo all’aperto al riparo di paraventi.

giovedì 5 agosto 2010

OZ (Mystara)

Questo post è di Nik.

LA TEMPESTA

Era una notte buia e tempestosa quando Oz venne al mondo.
La madre soffrì molto per il parto anche perché la levatrice non giunse in tempo e dovette arrangiarsi insieme alla vecchia vicina.
Fin dal primo momento fu chiaro che Oz avrebbe dato parecchi dolori a sua madre.

Il padre nel frattempo diede chiaramente un segno agli dei dell'ascendenza del piccolo Oz.
Nervoso per il parto del suo primogenito, confuse infatti le erbe lasciate dalla levatrice con il tabacco che normalmente fumava.
All'alba fu trovato svenuto in un campo, nudo ed esausto, dopo che aveva conquistato innumerevoli eserciti con il solo ausilio della sua pipa.

Quella notte, il piccolo Oz continuò un'altra delle tradizioni di famiglia iniziata alcune generazioni prima dal suo avo Jack: essere scambiato nella culla con un folletto.
La fata servitrice portò il bimbo proteggendolo dalla pioggia che ancora cadeva copiosa e lo depose, ai piedi della sua padrona la baronessa Semedisesamo.
Il piccolo Oz crebbe alla corte di Semedisesamo, facendo lavori umili, ed imparando il silenzio.

SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZ'ESTATE

Correva l'anno 345 AC quando venne alla luce Fiordifagiolo, legittimo erede del ducato di Biancoprato.
Il padre era morto durante uno scontro con dei demoni nel nord, e la madre, rimasta sola era stata presa sotto l'ala protettrice della regina delle fate Titania.
Poco dopo il parto, fu chiaro che nemmeno il potere della sovrana poteva proteggere la duchessa e l'erede ancora in fasce dalla malevolenza della corte.
La madre a malincuore si dovette separare dal figlio, che venne sostituito con un bambino umano.
Per consentirne un ritorno glorioso infuse tutto il suo potere in un oggetto invocando su di esso una potente maledizione. Solo il legittimo erede del ducato di Biancoprato avrebbe ricevuto il potere, gli altri sarebbero morti.
La creazione dell'artefatto debilitò, ed alla fine portò nella tomba la duchessa.

Nel mentre il piccolo Fiordifagiolo, che gli ignari genitori adottivi avevano chiamato Jack, crebbe.
Il sangue fatato lo spinse presto ad una vita di avventure.
Per salvarsi in numerose circostanze ottenne aiuto dagli dei, ripagandoli ben poco ed infrangendo molte promesse.
Fu così che un giorno venne punito ed ora la sua anima viene tormentata con altri miscredenti.
Non riuscì mai a rivendicare il ducato, ma, in una notte di passione con una locandiera, generò un erede.

Molti anni dopo e molte generazioni più tardi dalla stirpe di Fiordifagiolo venne generato Oz.

CI SONO PIU' COSE IN CIELO ED IN TERRA, OZ, DI QUANTO LA TUA FILOSOFIA POSSA IMMAGINARE

Oz crebbe come servitore di Semedisesamo, sviluppando insolite capacità magiche.
Alcuni rivali di Semedisesamo cominciarono a dire che poteva essere un discendente di un nobile casato e quindi che Oz non poteva essere trattato come un servo.
Il caso venne alla fine sottoposto ai regnanti, che posero Oz a contatto con l'oggetto forgiato innumerevoli anni prima dalla duchessa di Biancoprato.
Egli, contrariamente a quello che in molti desideravano, acquisì il potere del casato e venne immediatamente riconosciuto come duca.
Finalmente libero dalla corte decise di auto esiliarsi, con la benedizione dei regnanti.

martedì 3 agosto 2010

KAYLEIGH (Mystara)

Il terreno è più accidentato e impervio di quanto pensassi, la boscaglia nasconde dei tratti insidiosi. A volte perdo persino di vista il mio falco che sorvola la zona. Me lo devo proprio sudare questo Eremo! Speriamo almeno che la fatica venga ripagata… Se anche lì non sono in grado di aiutarmi, non so più dove andare a sbattere la testa. A parte su un solido muro, che di sicuro al monastero non mancherà. Sempre che mi permettano di farlo…

È tremendo non sentirsi più padroni delle proprie azioni!

E dire che la mia vita scorreva tranquilla, come volevo, non fosse stato per quel… quel… chissà chi diavolo eri in realtà! Tu e i tuoi occhi scuri sempre allegri, e quella voce profonda e cristallina, una voce capace di tessere incantesimi senza usare la magia. O forse già la usavi la magia, stronzo! Così potente e raffinata da ingannare pure i chierici.
Eravamo in dieci mandati di guardia, dovevano essere due mesi quasi noiosi. Pensa che all’inizio ero scocciata, non ero entrata nell’esercito per svolgere mansioni simili: ce l’avevo con papà perché facendo leva sul suo nome, ben noto tra i ranghi militari, anziché farmi spedire nelle guarnigioni al nord, dove si combatte davvero, mi aveva fatto mandare nei pressi di Darokin. Poi tutto sommato ero fin contenta: la disciplina - che mal sopporto, lo ammetto - era meno rigida, godevamo di una certa libertà e l’addestramento era comunque ottimo. Però, dico, eravamo in dieci. Io, te e altri otto. Un paio tra l’altro discretamente tonti. Dovevi incasinare proprio la mia, di vita? Perché, perché ero l’unica a cogliere fino in fondo il tuo sarcasmo e a divertirmi come una pazza? Era proprio la tua ironia a renderti diverso dagli altri, a parte quella tua voce fantastica. E l’ironia è merce rara tra i soldati. Avrei dovuto sospettare! Papà me l’ha sempre raccomandato: “Piccola, tu ti fidi troppo degli altri! Sei curiosa, disponibile, finirai per cacciarti nei guai. Impara ad esser più prudente, più cauta!” Almeno è stato così clemente da risparmiarmi il “Te l’avevo detto!”
O è perché ti ho sorpreso a discutere del furto della reliquia col vuoto? No, scommetto che avevi calcolato anche quello. Cominciavi pure a piacermi. E la tua storiella strappalacrime, il villaggio in pericolo, la vita della tua cuginetta e delle altre persone appesa a un filo… È la cosa che mi fa incazzare di più, perché, davvero, ripensandoci, quella, non avrei dovuto bermela! Almeno tu avessi retto il gioco fino in fondo! Potevi evitare quelle mezze frasi quando ormai avevi l’oggetto sacro a portata di mano, no? Non avrei avuto ripensamenti, il dubbio non mi avrebbe assalito e non avrei dato l’allarme. Ti saresti preso ciò che volevi e saresti sparito per sempre dalla mia vita. Che meraviglia! I guai che avrei passato sarebbero stati nulla rispetto a… a… cosa? Cos’è che mi hai fatto?
Sei un gran bastardo, mi auguro che i casini in cui secondo te io ti avrei messo siano anche solo la metà di quelli in cui mi hai messo tu. Credimi, mi basterebbe come soddisfazione. E se l’aspetto non era il tuo, beh, la voce è rimasta sempre uguale, anche quando ti sei mostrato come un uomo ben più maturo, con quel ridicolo cappello piumato in testa. E io quella voce me la ricordo bene.

Antonius, se devi ricomparirmi davanti, fa che sia solo per restituirmi la mia vita.

domenica 1 agosto 2010

KELSIA (Mystara)

Questo post è di Tenar


Tutti, almeno nella morte, possiedono qualcosa, sia pur solo un metro di terreno che appartiene interamente a loro.
A te non è concesso neanche questo, il tuo corpo lo hanno portato via le acque del canale, che sono di tutti, che non appartengono che a loro stesse. Alle stesse acque lascio queste mie righe, nell’inutile, infantile speranza che le portino fino a te.

Ho parlato con Ann, ieri, e mi ha detto quello che avrei già dovuto capire da una vita. Che tu non sei mio fratello. Che mi hai trovato, quando avevi dieci anni, dentro una cesta che galleggiava in un altro canale, qui vicino.
Mi ha detto che non me l’hai rivelato per paura che ti volessi meno bene, che io vedessi qualcosa di sporco nell’affetto che provavi per me. Che sciocco. Ti voglio più bene a sapere che per 15 anni mi hai protetta senza alcun legame e alcun dovere verso di me.
Adesso, però, che non ci sei più, non so a chi fare le domande che questa scoperta mi ha lasciato. Non abbiamo mai avuto una madre bella e buona morta di tosse poco dopo la mia nascita, vero? Né un padre partito soldato e non tornato. Non sono nata in una soffitta povera, da cui però si vedeva il più bel panorama della città. Questa è la tua storia, non la mia. E se anche tu ci fossi ancora, non potresti rivelarmi da dove vengo.In ogni caso, non ha senso pensare al passato.
In questi giorni ho dovuto riconsiderare in fretta le mie possibilità. Per quanto possa essere brava a saltare da un tetto all’altro e a infilarmi silenziosa nelle finestre per alleggerire i ricchi del peso dei gioielli eccessivi, senza mio fratello Ganter il Ragno a proteggermi non è più la stessa cosa. Non sono ancora abbastanza brava o abbastanza forte da sfuggire al controllo di Rulf e quel sangue d’orco continua a pensare che una femmina sia buona solo per fare la prostituta. Non voglio fare la vita di Ann, per quanto le voglia bene.
Questa notte Rulf è venuto da me. Pensavo che volesse propormi un colpo, invece voleva, a modo suo, introdurmi al mestiere che secondo lui sono destinata a fare. Si è lasciato trasportare un po’ troppo dalla foga del momento, credo, perché sono riuscita a colpirlo con l’elsa della spada in un occhio e scappare.
Da allora non sono ancora scesa dai tetti, ma prima o poi dovrò farlo e, sono certa, lui non ha intenzione di lasciare impunito questo colpo al suo orgoglio.Questo vuol dire che non avrò un’altra occasione per venire a salutarti nel posto dove te ne sei andato, né avrò presto occasione per vendicarti.
Lascio la città adesso.
Anche in questo momento non so dire se la odio o la amo. La trovo bellissima, ma non ha mai dato una possibilità a me o a te di far parte di questa bellezza. Forse, in un luogo meno fulgido, avrò la possibilità di essere libera.
Non ho potuto portarmi via quasi niente, non ho osato tornare là, Rulf lo starà certo controllando, ma stringo forte la spada che mi hai procurato. Adesso, adesso che un fulmine di un mago ti ha portato via, capisco che genere di rischi devi aver corso per regalare alla tua sorellina una spada elfica, abbastanza leggera da poter essere utilizzata perfino dalle sue braccia magre, abbastanza affilata da far male davvero.

Non so dove andrò, ma ti prometto che sarò ciò che qua non siamo mai riusciti ad essere. Sarò libera.
Non ruberò e non combatterò per nessuno se non per me stessa o per una causa alla quale ho liberamente aderito.

Con affetto, tua sorella Kelsia